L'espressione “la distinzione fra
destra e sinistra non ha senso” non me la sono certo inventata io
un istante fa, ma è una vulgata che è sempre circolata e che negli ultimi tempi si può sentire molto
frequentemente. A sinistra viene solitamente recepita con una certa
diffidenza, per non dire aperta ostilità, in quanto nasconderebbe
dietro di sé un concezione qualunquista, ovvero cripto-fascista.
Questo perché, effettivamente, i fascisti alla vecchia maniera non
si definiscono né di destra né di sinistra, ma semplicemente
“fascisti”, mentre i fascisti del terzo millennio, cioè quelli
di Casa Pound, scandiscono slogan del tipo “né rossi né neri ma
liberi pensieri”. Facendo un passo indietro nel tempo, ricordiamo
che Guglielmo Giannini, leader dell' “Uomo qualunque” nel secondo
dopoguerra, era prodigo in affermazioni simili.
Insomma, potremmo dire che
qualunquisti, fascisti, fascistoni e fascistelli di varia natura sono
quelli più propensi ad affermare il concetto in questione (quanti
poi siano effettivamente in grado di sostenere tale posizione con delle argomentazioni
logiche, è un altro conto...). Per questo motivo, a sinistra, si è
cementata la certezza che se una persona afferma qualcosa del tipo
“non sono di destra, ma neanche di sinistra”, oppure “mi
riconosco per certi aspetti nei primi, per altri nei secondi”, è
senza ombra di dubbio un fascista, mussoliniano, razzista, nazista,
negazionista e chi più ne ha più ne metta.
D'altra parte è vero: se parlando con
il destroide medio gli dite che secondo voi tale distinzione non
esiste o è obsoleta, vi darà certamente ragione. Questo prima di
dare il via ad una filippica contro i comunisti, che governano da
settant'anni, che sono la rovina dell'Italia, che mangiano ancora i
bambini. Cioè partirà subito all'attacco della sinistra,
palesandosi per uomo di destra.
Altri interlocutori, quelli che oggi
trovano espressione nei due principali quotidiani nazionali, alla
frase famigerata scattano in piedi, allarmati, perché temono di
avere a che fare con qualcuno che “fa antipolitica”. Stiamo
parlando di quelli che vengono generalmente definiti “moderati”,
ex e neo-democristiani, ex socialisti negli anni di Craxi, liberali
di varia estrazione. Cioè Sua Maestà l'”area di centro”. Che ha
in comune con la destra l'antipatia per tutto ciò che odora di
sinistra.
Insomma, che lo si affermi o meno,
tutti ancora si riconoscono nelle categorie di destra o di sinistra
perché, anche quando non si immedesimano in uno dei due
schieramenti, hanno tuttavia le idee chiare su quale sia il loro
nemico: “governi chiunque, basta che non vincano le elezioni quei
delinquenti...”
CATEGORIE
Per continuare il discorso, ritengo a questo punto necessario chiarire alcuni aspetti per
nulla secondari, se vogliamo capire di cosa stiamo parlando.
In primis, cosa si intende con il
termine “destra”? Storicamente, la destra è quella che si è
opposta al pensiero illuminista del XVIII secolo, e che si è
riconosciuta in quelle forze reazionarie che nel nome della
tradizione e dell'ancient regime hanno combattuto i rivoluzionari
giacobini. E' l'ideologia dei ribelli di Vandea, o dei sanfedisti
italiani, tanto per intenderci.
Di conseguenza la “sinistra”
dovrebbe essere il fronte opposto, quello che ha fiducia nella
ragione e non nella religione, che crede nel progresso, che si
interessa delle questioni sociali e dell'emancipazione dei più
poveri, dei diseredati. E' così solo in parte, perché è
all'interno di questo fronte, in realtà, che troviamo i due
schieramenti di destra e sinistra nella definizione che se ne dà
oggi in Occidente. Da metà dell'Ottocento la situazione è
chiaramente delineata: la destra è rappresentata dal pensiero
liberale (sia esso di matrice francese o anglosassone –
Montesquieu, Locke, Hume, Toqueville e così via), la sinistra da
quelle correnti più attente alla questione sociale ed intenzionate
ad allargare la partecipazione dei cittadini alla vita politica
(Rousseau, Proudhon, fino ad arrivare a Marx).
Con il pieno affermarsi della società
industriale, nella destra, cioè nel liberalismo, si riconosce la
borghesia, mentre nella sinistra si riconosce (o dovrebbe
riconoscersi) il proletariato. Gli uni si rifanno ai principi dei
diritti dell'uomo – in particolare a quello di proprietà privata –
gli altri al collettivismo e all'ideale rivoluzionario.
In realtà la destra originaria, quella
reazionaria e nostalgica del Medio Evo, sparisce di scena perché
rappresentativa di ordini sociali, ovvero la nobiltà e il clero, che
perdono ogni peso politico, sopraffatte dall'irruzione delle masse
nella vita politica e nella storia, e dalla secolarizzazione delle
società occidentali, con conseguente perdita del potere temporale da
parte delle autorità ecclesiastiche. Ciò non toglie che questo tipo
di destra non sia riemersa, in determinate circostanze, nel corso dei
due secoli seguenti: senza perdersi in un discorso interminabile, mi
limiterò a ricordare che movimenti antimoderni erano attivi (e alle
volte molto forti) in tutta l'Europa degli anni Venti.
Gli eredi di questa corrente di
pensiero rappresentano oggi una minoranza assolutamente ininfluente,
come gli indiani nelle riserve, motivo per cui quando faccio
riferimento a “destra” e “sinistra” mi riferisco
esclusivamente alle moderne ideologie figlie del pensiero liberale e
del marxismo.
Sia chiaro: in ognuna di queste due
famiglie possiamo trovare infinite gradazioni. I liberali possono
essere conservatori o progressisti, elitisti o democratici,
nazionalisti o cosmopoliti, così come a sinistra si può essere
riformisti, socialdemocratici, marxisti, leninisti, verdi e così
via.
Mi scuso con i lettori se avranno
trovato questa premessa inutile e forzata, ma le categorie sono per
definizione una semplificazione della complessità del reale e siamo
costretti ad utilizzarle, a costo di banalizzare, per capire di cosa
stiamo parlando.
TEMPI MODERNI
Abbiamo detto che destra e sinistra
rappresentano, inizialmente, due categorie sociali diverse e spesso
in conflitto fra loro. Ma hanno anche alcuni punti in comune. Hanno
fiducia nella ragione e nella razionalità, credono nel progresso e
nello sviluppo, riconoscono l'uguaglianza degli uomini di fronte alla
legge (che a sinistra si estende all'uguaglianza in assoluto, a
destra no).
A parte questo non vanno d'accordo su
nulla o quasi. Ma smettiamola di parlare in astratto, e riferiamoci
alla situazione politica italiana del dopoguerra, così potremo avere
dei riferimenti più precisi.
Nel primo cinquantennio di regime
repubblicano, la sinistra era il Pci (e per qualche anno il Psi
quindi, da un certo punto in poi, i gruppi extraparlamentari), mentre
la destra era tutto il resto: DC, Psdi, Pli, Msi, Pri. Poi è
arrivato il Berlusca, e la destra è diventato lui e i suoi servi,
mentre la sinistra tutto ciò che era contro di loro.
Ci riferiremo a queste due esperienze,
comunemente definite prima e seconda Repubblica, per comprendere le
posizioni che destra e sinistra hanno assunto nel nostro dopoguerra.
E lo faremo attenendoci alle scelte politiche effettuate dalle
segreterie dei partiti, non dagli umori della base, perché questi
contano meno di zero: una persona può benissimo essere leninista e
votare Casini, quindi potrà anche lamentarsi perché dopo aver vinto
le elezioni il Ferdi non avrà espropriato le chiese e convertite in
granai, così come potrà fare un'infinità di cose, ma certo non
statistica.
Altra precisazione: quanto verrà
affermato si riferirà alle scelte politiche concrete finora
effettuate, non ai programmi che si sbandierano in battaglia
elettorale.
Andiamo per ordine.
1. LAICITÀ E RAPPORTI STATO-CHIESA
La sinistra è sempre
stata laica e anticlericale, mentre la destra molto più sensibile
alle richieste della Curia. Ciononostante, la sinistra è stata la
prima (governi D'Alema e Amato, quindi Prodi) a sottrarre
finanziamenti alle scuole pubbliche per dirottarli su quelle private
e confessionali. Dopo anni di battaglie in favore del divorzio e
dell'aborto, ha preferito sorvolare sulle questioni della bioetica,
nascondendosi dietro la foglia di fico della “libertà di
coscienza”. L'ultimo baluardo di laicità che tuttora sventola è
la difesa degli omosessuali: gay e lesbiche trovano spazio solo nei
partiti del centro sinistra, così come Luxuria poteva trovare spazio
solo in Rifondazione comunista. Ma dove sta scritto che gli
omosessuali devono per forza essere di sinistra?
Per il resto, i miti politici dei suoi
leader ormai sono i papi. Pensate alle recenti primarie del PD: cosa
hanno detto un vecchio uomo di apparato del Pci come Bersani e un
omosessuale dichiarato come Vendola? Della scuola pubblica e laica
ormai parlano solo coloro che ci lavorano dentro, dell'Ici/Imu alla
Chiesa nessuno, dei preti pedofili, del boss della Magliana sepolto
in Laterano nemmeno. E potremmo continuare all'infinito: nella
sinistra un'opposizione alla Chiesa non la trovate più, nemmeno in
quella più “radicale”, non da oggi, ma da almeno una decina
d'anni.
La mia non è una critica, ma una
semplicissima constatazione, il risultato di un'analisi.
E a destra come stanno le cose? La
destra è sempre stata austera, conservatrice, schierata a difesa
della famiglia. Eppure ha votato per vent'anni un massone, per di più
il più grande libertino d'Italia, ha esultato nel vedere tette e
culi in tv, ha distrutto, più di ogni provocazione proveniente da
sinistra, l'istituzione della famiglia. Che le politiche del
ventennio berlusconiano siano state per molti versi incompatibili con
i principi religiosi è un'ovvietà, e non intendo spendere parole al
riguardo, dato che esistono biblioteche intere.
A questo punto vi chiedo: come fate
voi, che fate del laicismo la vostra bandiera, a riconoscervi nella
sinistra di Vendola, Bersani, Fioroni? E voi conservatori, ancorati
ai princìpi e alle pratiche della religione cattolica, come fate a
riconoscervi nell'attuale destra, quella di Maroni (un giorno pagano,
un giorno integralista cattolico) e Berlusconi? E in quella dei loro
alleati di ieri, Casini e Fini, oggi a braccetto con altri massoni
come Montezemolo e Monti?
Dobbiamo dedurre che la posizione
intorno alla laicità dello Stato non è, ad oggi, una discriminante
netta tra destra e sinistra.
2. LO STATO
Fino a ieri, “legge ed
ordine” era l'espressione più di destra che si potesse recitare.
Poi è successo che da un certo punto è stata rivolta sempre più
verso l'immigrazione, fino a limitarsi ad essa. Parallelamente, i
governi di destra hanno ripetuto per anni che la mafia non esiste,
riuscendo addirittura a non menzionare mai camorra e 'ndrangheta, con
gli splendidi risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. La
magistratura è diventata un'associazione a delinquere, il Canone Rai
un'appropriazione indebita, l'evasione fiscale un dovere civile. Si
sono invocati legge e ordine solo nell'esprimere solidarietà a
poliziotti e carabinieri, con la speranza che manganellassero per
bene immigrati, studenti, no Global e no Tav. Un concetto di ordine
un po' ristretto, direi.
A sinistra invece si è innalzato un
altare alla magistratura. I giudici italiani non sono riusciti a
trovare un solo responsabile di strage (e in cinquant'anni, da
Portella della Ginestra a quelle di mafia, ne abbiamo avuta più di
qualcuna), non hanno mai torto un capello a personaggi come Andreotti
e Berlusconi, ma non hanno avuto indulgenza alcuna con i manifestanti
del G8 o con i No Tav. Eppure guai a chi li tocca: sono tutti dei
Falcone e dei Borsellino. Anche i D'Ambrosio, i Casson, i Violante, i
Di Pietro, i Caselli, ora perfino Grasso (quello che disse “nessuno
come Berlusconi ha combattuto la mafia”).
In generale, la destra, da gendarme è
diventata anarco-insurrezionalista, irrispettosa delle autorità e
delle gerarchie (tranne, non sia mai, quelle militari) che dovrebbe
invece difendere. La sinistra ha scoperto il culto della toga, della
divisa, delle sculacciate e delle bacchettate sulle mani, perché di
fronte a simili attacchi (ieri il terrorismo, quindi la mafia, lo
spread, la crisi, Berlusconi) c'è bisogno di Stato, autorità e
legalità. Certezza della pena, severità con i condannati,
interdizione dai pubblici uffici. Cioè, di legge, ordine,
disciplina.
La mia massima solidarietà a chi si
definisce un uomo d'ordine, perché mi rendo conto che, pur avendo
visto sempre i “rossi” e in generale i sinistrorsi come
sovversivi e turbatori della pubblica quiete, dovrà prendere in
considerazione l'idea di votare per loro, con conseguente caduta di
tutte le sue certezze. E voi, che a Genova scappavate dalle cariche,
avete intenzione di votare per il partito che due anni fa candidava
il prefetto Achille Serra?
3. L'ECONOMIA
La sinistra, un tempo
comunista, proponeva un sistema socio-economico radicalmente diverso
da quello capitalistico. Nonostante gli sforzi di Napolitano tuttavia
i carri armati sovietici non sono mai arrivati fin da noi.
Inevitabile che dopo la caduta del Muro di Berlino si facesse
autocritica. Si poteva tuttavia fare a meno, a sinistra, di rinnegare
completamente la propria storia e la propria cultura politica, per
dire “avevamo scherzato, anzi vi abbiamo presi tutti per il culo.
Adesso andate di corsa al centro commerciale, ammirate le insegne
luminose e soprattutto comprate, spendete, riempitevi di cose
inutili, fate girare l'economia”.
Da questo punto di vista, la destra è
invece rimasta coerente: contro il sindacato, a favore dei padroni,
del consumo, dell'aumento della competitività, della produttività,
del diritto dei ricchi ad arricchirsi sempre più e dei poveri a fare
quel che vogliono basta che non tolgano soldi ai ricchi, il tutto
nascosto sotto l'untuoso alibi del “merito”. Bisogna dargliene
atto: la destra nelle sue varianti democristiane, berlusconiane o
“tecniche”, pur favorendo ora alcune categorie, ora altre, ha
sempre difeso la proprietà e i gruppi industriali, grandi o piccoli
che fossero. Non è lei ad essere cambiata.
E' la sinistra che, dopo aver preso un
abbaglio durato cinquant'anni, ha scoperto l'importanza di “avere
una banca” (Fassino), fare affari con le telecomunicazioni (Zivela
Srbija!!!), gestire il denaro pubblico secondo una logica che di
collettivista ha ben poco.
Lungi da lei voler rappresentare gli
operai, anzi, è dalla morte del Pci che i dirigenti dei partiti di
sinistra non fanno altro che ripetere che la classe operaia non
esiste più. I partiti dell'odierna sinistra devono avere seguito in
tutti i ranghi della società: se pretendiamo di rappresentare gli
operai, come facciamo a candidare gli imprenditori? E i colletti
bianchi? Come facciamo a prendere i loro voti?
Sorvoliamo sul rapporto strumentale che
da anni i partiti della sinistra intrattengono con il sindacato (il
quale a sua volta riesce persino a strumentalizzare sé stesso), ma
dal pacchetto Treu alla legge Biagi, il lavoro è completamente
sparito dal loro vocabolario politico (escluse da questo discorso,
ovviamente, le conventicole da zero virgola di quei partiti che
ancora si definiscono “comunisti”).
Disoccupazione, precariato, call
center, contratti a progetto, semestrali quando non mensili: grazie
Prodi, Padoa Schioppa, D'Alema e Veltroni. Siete stati gentilissimi.
Però smettetela di additare i governi di centro destra come gli
unici artefici di questa catastrofe sociale e prendetevi i vostri
meriti: avete governato quasi quanto loro e non avete fatto un solo
passo, che fosse uno, nella direzione opposta.
Come sempre, sotto le elezioni (ora
anche per le primarie) riscoprite che esistono gli operai dell'Ilva,
dell'Alcoa, i cassintegrati, i precari, gli esodati...ma siete sicuri
che hanno la memoria così corta da dimenticarsi che eravate voi i
più strenui sostenitori di Marchionne (Bersani, sei stato immortalato), del governo Monti, dei ministri Passera e
Fornero, quelli, per intenderci, dell'articolo 18? Io, purtroppo per
voi, ho troppa memoria e sono anche piuttosto “choosy”. Certe
cose non le dimentico e le schifo proprio.
4. POLITICA ESTERA
Sono ormai
quarant'anni, da quando Berlinguer accettò l'idea che l'Italia
rimanesse sotto l'ombrello della Nato, che nessuno, nel nostro Paese,
osa mettere in discussione la sudditanza nei confronti degli Stati
uniti e della loro politica di egemonia globale. Per gli interessi di
Washington abbiamo partecipato alle scellerate guerre in Serbia,
Afghanistan, Iraq, Libia, e siamo pronti a mandare i caccia anche in
Siria, se i nostri padroni ce lo dovessero ordinare. Né a destra né
a sinistra nessuno ha mai avuto nulla da ridire in merito.
La destra ha sempre esaltato Patria e
tricolore, ma (a cominciare dal Msi) non ha esitato ad abbracciare
con entusiasmo la morte dell'indipendenza nazionale, spacciandola per
“libertà”. D'altra parte è vero: se noi spendiamo miliardi di
Euro nelle guerre cominciate dagli americani dall'altra parte del
pianeta, lo facciamo per la nostra libertà. È evidente.
Ma se la destra, a parole patriottica
quando non nazionalista, ha sempre rappresentato il “partito
americano”, la sinistra ha invece, storicamente, una matrice
internazionalista. Le sue parole d'ordine sono sempre state: "nostra
patria è il mondo intero" e "no alle guerre imperialiste". Che Guevara
e Ho Chi Minh erano i suoi miti naturali.
Anche qui qualcosa è cambiato, se oggi
l'eroe è Obama e se si arriva addirittura a vantare il proprio
“senso di responsabilità” per aver salvato l'ultimo governo
Berlusconi votando a favore dei bombardamenti della Libia, quando la
Lega Nord aveva votato contro (anche in merito a questo aspetto io
sono “choosy” e non dimentico, come non dimentico i bombardamenti
di Belgrado del governo D'Alema).
Il mito degli Usa, originariamente
assente dal patrimonio genetico sia della destra sia della sinistra,
oggi è il punto sul quale le due fazioni si trovano maggiormente
d'accordo: gli uni si riconosceranno in Nixon, Reagan e Bush, gli
altri in Obama, Clinton e Kennedy, ma la sostanza è che gli Stati
uniti, un tempo visti come Paese in cui le elezioni erano “una
farsa” perché era evidente che il vero scontro, negli Usa, è
sempre stato quello tra potentati economici, non tra democratici e
repubblicani, oggi sono il faro, la stella polare, il modello da
seguire.
A questo totem, negli ultimi anni si
sono aggiunti altri due tabù. Il primo è Santa Madre Unione
Europea. Intoccabile, indiscutibile, inavvicinabile. Sorvolerò sulla
natura dell'unione (un'unione seria prevede in primis una visione
strategica, quindi un esercito comune, e solo in secondo ordine si
pone il problema dell'unità monetaria) e mi limito a riconoscere
che, se siamo un Paese privo si sovranità dal 1945, da vent'anni
abbiamo fatto un ulteriore passo indietro nella gerarchia: da
vassalli siamo diventati valvassori. Per merito e per la felicità
tanto della destra che della sinistra.
Il secondo tabù è l'entità sionista.
E' talmente evidente e giustificato il diritto di Israele di portare
a termine la pulizia etnica dei palestinesi fino alla loro
estinzione, che destra e sinistra non possono che essere d'accordo in
merito. In merito, ogni parola in più sarebbe superflua, e per non rovinarmi ulteriormente la giornata pensandoci, mi fermo qui.
5. VISIONE DELLA SOCIETÀ
In politica
estera, come detto, siamo entusiasti e ottusi servitori dei padroni
della Terra, gli Usa. In politica interna, la nostra sorte viene
decisa dai vassalli, l'UE. Comprensibile: nella storia la grandezza
di nazioni, regni ed imperi è altalenante, l'ascesa si alterna al
declino, il domino alla sottomissione. Noi non abbiamo al momento la
forza per contare, e infatti non contiamo nulla. Amen, facciamocene
una ragione.
Abbiamo però la capacità critica per
guardare al modello di società che i nostri padroni ci hanno
imposto. Ed è qui che, forse, i due schieramenti di destra e
sinistra offrono lo spettacolo più avvilente. Nel nome dei valori
tradizionali, la destra un tempo era contro aborto e divorzio,
bollava i capelloni come “degenerati” e “drogati”, esaltava
uno stile di vita austero e sobrio. La sinistra, a sua volta,
ammirava le Trabant e disprezzava le Mercedes, perché, seppur su
basi materialistiche prima che morali, non accettava l'idea del
consumo smodato e fine a sé stesso: “orpelli capitalisti”
venivano definiti tutti quegli oggetti e desideri inutili che
traviavano il proletariato dalla sua missione storica.
Assieme alla sottomissione a Nato e Ue,
il consumismo è il secondo cardine sul quale si basa la sostanziale
unità di vedute di destra e sinistra. Quella sana bigotteria che un
tempo avrebbe indignato gli uomini di destra oggi non esiste più,
tanto che i reality show, i programmi di Mtv, le veline, sono entrate
a far parte del patrimonio culturale senza incontrare alcuna
resistenza. A sinistra, si è esaltata la vittoria di Vladimir
Luxuria ne “L'isola dei famosi”, invece di vergognarsi e fare
pubblica ammenda per aver introdotto un personaggio di tal risma in
Parlamento. Il partito più a sinistra tra quelli oggi impegnati in
campagna elettorale, cioè S.e.l., ha compianto la morte di Steve
Jobs, come se si fosse trattato di un benefattore, non di uno
spregiudicato – per quanto geniale – uomo d'affari che ha portato
la sua azienda ad un fatturato tale da essere virtualmente nel G20.
Calano i consumi, e tutti
inorridiscono, sia a destra che a sinistra. Roma congestionata dalla
folla che, in piena crisi, si precipita all'inaugurazione di un
centro commerciale; forze dell'ordine chiamate a gestire l'assalto ai
negozi di elettronica perché è uscito l'ultimo modello della Apple;
aumento costante dei malati da gioco d'azzardo e scommesse; perfette
nullità elevate a profeti e miti generazionali dalle trasmissioni
televisive; cocaina e altre droghe pesanti equamente distribuite in
tutti gli strati economici e politici della società...Nessuno si
oppone, nessuno si scandalizza, nessuno propone modelli sociali
alternativi, che riguardino una visione economica o anche solo i
costumi e comportamenti. “Non buttare via se funziona ancora”,
“quella pubblicità è immorale e diseducativa”, “non guardare
troppa tv, altrimenti ti rincretinisci” sono espressioni che non
sento più pronunciare da oltre vent'anni.
Destra e sinistra, barricate dietro
l'alibi del progresso e della libertà, hanno l'obiettivo primario
che il disoccupato possa permettersi l'Iphone e che il cittadino
medio mantenga la libertà di rincretinirsi con le tv, spendendo
l'intera vita a produrre (sempre di meno) e consumare (sempre di
più).
CONCLUSIONI
Non è stato possibile individuare, tra
i due schieramenti, delle differenze nette, delle scelte di campo
precise in merito agli aspetti principali che formano una visione
politica. Destra e sinistra oggi non si differenziano, se non in
minima parte, per quanto riguarda la laicità, la concezione dello
Stato, l'economia, la politica estera né, infine, le concezioni
generali della società.
La crescita del peso dell'elemento
personale in politica, tipica degli ultimi vent'anni, si spiega anche
e sopratutto nella mancanza di una sostanziale contrapposizione di
idee. I cittadini sono sempre più chiamati a scegliere tra persone
e, cosa assolutamente paradossale, questa scelta viene ammantata di
un connotato ideologico del quale è assolutamente priva, dato che
l'ideologia di fondo, il consumismo globalista, accomuna tutti e due
gli schieramenti e tutti gli esponenti che si sfidano in tv. Ed è un'ideologia che viene portata avanti e
difesa con lo stesso cieco fanatismo che aveva caratterizzato le
dittature novecentesche.
Non è vero quindi che le tanto vituperate
ideologie non esistano più. La realtà è che ne è rimasta una
sola, che monopolizza il dibattito politico e plasma la formazione,
la sensibilità e i comportamenti delle persone. Certo siamo liberi
di scegliere tra lo stile funereo di Monti, le carnevalate di
Berlusconi, le metafore di Bersani che imita Crozza, la poeticità di
Vendola, il giustizialismo di Ingroia, le urla di Grillo o i grugniti
di Storace.
Basta essere consapevoli che tale
scelta si basa sul tono della voce, il cerone, il sorriso, la
capacità di “bucare il video”, cantare, raccontare barzellette,
parlare in difesa di questo o di quello, a seconda delle circostanze
e delle campagne elettorali. Però è ora di smetterla di giocare
alla guerra tra destra e sinistra. Dividiamoci piuttosto tra i
sostenitori di questo o quel personaggio di un qualsiasi reality: è
molto più in linea con i tempi che corrono.
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