giovedì 10 gennaio 2013

DESTRA E SINISTRA NEL 2013

AL BAR: SEI DI DESTRA O SINISTRA?
L'espressione “la distinzione fra destra e sinistra non ha senso” non me la sono certo inventata io un istante fa, ma è una vulgata che è sempre circolata e che negli ultimi tempi si può sentire molto frequentemente. A sinistra viene solitamente recepita con una certa diffidenza, per non dire aperta ostilità, in quanto nasconderebbe dietro di sé un concezione qualunquista, ovvero cripto-fascista. Questo perché, effettivamente, i fascisti alla vecchia maniera non si definiscono né di destra né di sinistra, ma semplicemente “fascisti”, mentre i fascisti del terzo millennio, cioè quelli di Casa Pound, scandiscono slogan del tipo “né rossi né neri ma liberi pensieri”. Facendo un passo indietro nel tempo, ricordiamo che Guglielmo Giannini, leader dell' “Uomo qualunque” nel secondo dopoguerra, era prodigo in affermazioni simili.

Insomma, potremmo dire che qualunquisti, fascisti, fascistoni e fascistelli di varia natura sono quelli più propensi ad affermare il concetto in questione (quanti poi siano effettivamente in grado di sostenere tale posizione con delle argomentazioni logiche, è un altro conto...). Per questo motivo, a sinistra, si è cementata la certezza che se una persona afferma qualcosa del tipo “non sono di destra, ma neanche di sinistra”, oppure “mi riconosco per certi aspetti nei primi, per altri nei secondi”, è senza ombra di dubbio un fascista, mussoliniano, razzista, nazista, negazionista e chi più ne ha più ne metta.
D'altra parte è vero: se parlando con il destroide medio gli dite che secondo voi tale distinzione non esiste o è obsoleta, vi darà certamente ragione. Questo prima di dare il via ad una filippica contro i comunisti, che governano da settant'anni, che sono la rovina dell'Italia, che mangiano ancora i bambini. Cioè partirà subito all'attacco della sinistra, palesandosi per uomo di destra.
Altri interlocutori, quelli che oggi trovano espressione nei due principali quotidiani nazionali, alla frase famigerata scattano in piedi, allarmati, perché temono di avere a che fare con qualcuno che “fa antipolitica”. Stiamo parlando di quelli che vengono generalmente definiti “moderati”, ex e neo-democristiani, ex socialisti negli anni di Craxi, liberali di varia estrazione. Cioè Sua Maestà l'”area di centro”. Che ha in comune con la destra l'antipatia per tutto ciò che odora di sinistra.
Insomma, che lo si affermi o meno, tutti ancora si riconoscono nelle categorie di destra o di sinistra perché, anche quando non si immedesimano in uno dei due schieramenti, hanno tuttavia le idee chiare su quale sia il loro nemico: “governi chiunque, basta che non vincano le elezioni quei delinquenti...”

CATEGORIE
Per continuare il discorso, ritengo a questo punto necessario chiarire alcuni aspetti per nulla secondari, se vogliamo capire di cosa stiamo parlando.
In primis, cosa si intende con il termine “destra”? Storicamente, la destra è quella che si è opposta al pensiero illuminista del XVIII secolo, e che si è riconosciuta in quelle forze reazionarie che nel nome della tradizione e dell'ancient regime hanno combattuto i rivoluzionari giacobini. E' l'ideologia dei ribelli di Vandea, o dei sanfedisti italiani, tanto per intenderci.
Di conseguenza la “sinistra” dovrebbe essere il fronte opposto, quello che ha fiducia nella ragione e non nella religione, che crede nel progresso, che si interessa delle questioni sociali e dell'emancipazione dei più poveri, dei diseredati. E' così solo in parte, perché è all'interno di questo fronte, in realtà, che troviamo i due schieramenti di destra e sinistra nella definizione che se ne dà oggi in Occidente. Da metà dell'Ottocento la situazione è chiaramente delineata: la destra è rappresentata dal pensiero liberale (sia esso di matrice francese o anglosassone – Montesquieu, Locke, Hume, Toqueville e così via), la sinistra da quelle correnti più attente alla questione sociale ed intenzionate ad allargare la partecipazione dei cittadini alla vita politica (Rousseau, Proudhon, fino ad arrivare a Marx).
Con il pieno affermarsi della società industriale, nella destra, cioè nel liberalismo, si riconosce la borghesia, mentre nella sinistra si riconosce (o dovrebbe riconoscersi) il proletariato. Gli uni si rifanno ai principi dei diritti dell'uomo – in particolare a quello di proprietà privata – gli altri al collettivismo e all'ideale rivoluzionario.
In realtà la destra originaria, quella reazionaria e nostalgica del Medio Evo, sparisce di scena perché rappresentativa di ordini sociali, ovvero la nobiltà e il clero, che perdono ogni peso politico, sopraffatte dall'irruzione delle masse nella vita politica e nella storia, e dalla secolarizzazione delle società occidentali, con conseguente perdita del potere temporale da parte delle autorità ecclesiastiche. Ciò non toglie che questo tipo di destra non sia riemersa, in determinate circostanze, nel corso dei due secoli seguenti: senza perdersi in un discorso interminabile, mi limiterò a ricordare che movimenti antimoderni erano attivi (e alle volte molto forti) in tutta l'Europa degli anni Venti.
Gli eredi di questa corrente di pensiero rappresentano oggi una minoranza assolutamente ininfluente, come gli indiani nelle riserve, motivo per cui quando faccio riferimento a “destra” e “sinistra” mi riferisco esclusivamente alle moderne ideologie figlie del pensiero liberale e del marxismo.
Sia chiaro: in ognuna di queste due famiglie possiamo trovare infinite gradazioni. I liberali possono essere conservatori o progressisti, elitisti o democratici, nazionalisti o cosmopoliti, così come a sinistra si può essere riformisti, socialdemocratici, marxisti, leninisti, verdi e così via.
Mi scuso con i lettori se avranno trovato questa premessa inutile e forzata, ma le categorie sono per definizione una semplificazione della complessità del reale e siamo costretti ad utilizzarle, a costo di banalizzare, per capire di cosa stiamo parlando.

TEMPI MODERNI
Abbiamo detto che destra e sinistra rappresentano, inizialmente, due categorie sociali diverse e spesso in conflitto fra loro. Ma hanno anche alcuni punti in comune. Hanno fiducia nella ragione e nella razionalità, credono nel progresso e nello sviluppo, riconoscono l'uguaglianza degli uomini di fronte alla legge (che a sinistra si estende all'uguaglianza in assoluto, a destra no).
A parte questo non vanno d'accordo su nulla o quasi. Ma smettiamola di parlare in astratto, e riferiamoci alla situazione politica italiana del dopoguerra, così potremo avere dei riferimenti più precisi.
Nel primo cinquantennio di regime repubblicano, la sinistra era il Pci (e per qualche anno il Psi quindi, da un certo punto in poi, i gruppi extraparlamentari), mentre la destra era tutto il resto: DC, Psdi, Pli, Msi, Pri. Poi è arrivato il Berlusca, e la destra è diventato lui e i suoi servi, mentre la sinistra tutto ciò che era contro di loro.
Ci riferiremo a queste due esperienze, comunemente definite prima e seconda Repubblica, per comprendere le posizioni che destra e sinistra hanno assunto nel nostro dopoguerra. E lo faremo attenendoci alle scelte politiche effettuate dalle segreterie dei partiti, non dagli umori della base, perché questi contano meno di zero: una persona può benissimo essere leninista e votare Casini, quindi potrà anche lamentarsi perché dopo aver vinto le elezioni il Ferdi non avrà espropriato le chiese e convertite in granai, così come potrà fare un'infinità di cose, ma certo non statistica.
Altra precisazione: quanto verrà affermato si riferirà alle scelte politiche concrete finora effettuate, non ai programmi che si sbandierano in battaglia elettorale.
Andiamo per ordine. 

1. LAICITÀ E RAPPORTI STATO-CHIESA
La sinistra è sempre stata laica e anticlericale, mentre la destra molto più sensibile alle richieste della Curia. Ciononostante, la sinistra è stata la prima (governi D'Alema e Amato, quindi Prodi) a sottrarre finanziamenti alle scuole pubbliche per dirottarli su quelle private e confessionali. Dopo anni di battaglie in favore del divorzio e dell'aborto, ha preferito sorvolare sulle questioni della bioetica, nascondendosi dietro la foglia di fico della “libertà di coscienza”. L'ultimo baluardo di laicità che tuttora sventola è la difesa degli omosessuali: gay e lesbiche trovano spazio solo nei partiti del centro sinistra, così come Luxuria poteva trovare spazio solo in Rifondazione comunista. Ma dove sta scritto che gli omosessuali devono per forza essere di sinistra?
Per il resto, i miti politici dei suoi leader ormai sono i papi. Pensate alle recenti primarie del PD: cosa hanno detto un vecchio uomo di apparato del Pci come Bersani e un omosessuale dichiarato come Vendola? Della scuola pubblica e laica ormai parlano solo coloro che ci lavorano dentro, dell'Ici/Imu alla Chiesa nessuno, dei preti pedofili, del boss della Magliana sepolto in Laterano nemmeno. E potremmo continuare all'infinito: nella sinistra un'opposizione alla Chiesa non la trovate più, nemmeno in quella più “radicale”, non da oggi, ma da almeno una decina d'anni.
La mia non è una critica, ma una semplicissima constatazione, il risultato di un'analisi.
E a destra come stanno le cose? La destra è sempre stata austera, conservatrice, schierata a difesa della famiglia. Eppure ha votato per vent'anni un massone, per di più il più grande libertino d'Italia, ha esultato nel vedere tette e culi in tv, ha distrutto, più di ogni provocazione proveniente da sinistra, l'istituzione della famiglia. Che le politiche del ventennio berlusconiano siano state per molti versi incompatibili con i principi religiosi è un'ovvietà, e non intendo spendere parole al riguardo, dato che esistono biblioteche intere.
A questo punto vi chiedo: come fate voi, che fate del laicismo la vostra bandiera, a riconoscervi nella sinistra di Vendola, Bersani, Fioroni? E voi conservatori, ancorati ai princìpi e alle pratiche della religione cattolica, come fate a riconoscervi nell'attuale destra, quella di Maroni (un giorno pagano, un giorno integralista cattolico) e Berlusconi? E in quella dei loro alleati di ieri, Casini e Fini, oggi a braccetto con altri massoni come Montezemolo e Monti?
Dobbiamo dedurre che la posizione intorno alla laicità dello Stato non è, ad oggi, una discriminante netta tra destra e sinistra.

2. LO STATO
Fino a ieri, “legge ed ordine” era l'espressione più di destra che si potesse recitare. Poi è successo che da un certo punto è stata rivolta sempre più verso l'immigrazione, fino a limitarsi ad essa. Parallelamente, i governi di destra hanno ripetuto per anni che la mafia non esiste, riuscendo addirittura a non menzionare mai camorra e 'ndrangheta, con gli splendidi risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. La magistratura è diventata un'associazione a delinquere, il Canone Rai un'appropriazione indebita, l'evasione fiscale un dovere civile. Si sono invocati legge e ordine solo nell'esprimere solidarietà a poliziotti e carabinieri, con la speranza che manganellassero per bene immigrati, studenti, no Global e no Tav. Un concetto di ordine un po' ristretto, direi.
A sinistra invece si è innalzato un altare alla magistratura. I giudici italiani non sono riusciti a trovare un solo responsabile di strage (e in cinquant'anni, da Portella della Ginestra a quelle di mafia, ne abbiamo avuta più di qualcuna), non hanno mai torto un capello a personaggi come Andreotti e Berlusconi, ma non hanno avuto indulgenza alcuna con i manifestanti del G8 o con i No Tav. Eppure guai a chi li tocca: sono tutti dei Falcone e dei Borsellino. Anche i D'Ambrosio, i Casson, i Violante, i Di Pietro, i Caselli, ora perfino Grasso (quello che disse “nessuno come Berlusconi ha combattuto la mafia”).
In generale, la destra, da gendarme è diventata anarco-insurrezionalista, irrispettosa delle autorità e delle gerarchie (tranne, non sia mai, quelle militari) che dovrebbe invece difendere. La sinistra ha scoperto il culto della toga, della divisa, delle sculacciate e delle bacchettate sulle mani, perché di fronte a simili attacchi (ieri il terrorismo, quindi la mafia, lo spread, la crisi, Berlusconi) c'è bisogno di Stato, autorità e legalità. Certezza della pena, severità con i condannati, interdizione dai pubblici uffici. Cioè, di legge, ordine, disciplina.
La mia massima solidarietà a chi si definisce un uomo d'ordine, perché mi rendo conto che, pur avendo visto sempre i “rossi” e in generale i sinistrorsi come sovversivi e turbatori della pubblica quiete, dovrà prendere in considerazione l'idea di votare per loro, con conseguente caduta di tutte le sue certezze. E voi, che a Genova scappavate dalle cariche, avete intenzione di votare per il partito che due anni fa candidava il prefetto Achille Serra?

3. L'ECONOMIA
La sinistra, un tempo comunista, proponeva un sistema socio-economico radicalmente diverso da quello capitalistico. Nonostante gli sforzi di Napolitano tuttavia i carri armati sovietici non sono mai arrivati fin da noi. Inevitabile che dopo la caduta del Muro di Berlino si facesse autocritica. Si poteva tuttavia fare a meno, a sinistra, di rinnegare completamente la propria storia e la propria cultura politica, per dire “avevamo scherzato, anzi vi abbiamo presi tutti per il culo. Adesso andate di corsa al centro commerciale, ammirate le insegne luminose e soprattutto comprate, spendete, riempitevi di cose inutili, fate girare l'economia”.
Da questo punto di vista, la destra è invece rimasta coerente: contro il sindacato, a favore dei padroni, del consumo, dell'aumento della competitività, della produttività, del diritto dei ricchi ad arricchirsi sempre più e dei poveri a fare quel che vogliono basta che non tolgano soldi ai ricchi, il tutto nascosto sotto l'untuoso alibi del “merito”. Bisogna dargliene atto: la destra nelle sue varianti democristiane, berlusconiane o “tecniche”, pur favorendo ora alcune categorie, ora altre, ha sempre difeso la proprietà e i gruppi industriali, grandi o piccoli che fossero. Non è lei ad essere cambiata.
E' la sinistra che, dopo aver preso un abbaglio durato cinquant'anni, ha scoperto l'importanza di “avere una banca” (Fassino), fare affari con le telecomunicazioni (Zivela Srbija!!!), gestire il denaro pubblico secondo una logica che di collettivista ha ben poco.
Lungi da lei voler rappresentare gli operai, anzi, è dalla morte del Pci che i dirigenti dei partiti di sinistra non fanno altro che ripetere che la classe operaia non esiste più. I partiti dell'odierna sinistra devono avere seguito in tutti i ranghi della società: se pretendiamo di rappresentare gli operai, come facciamo a candidare gli imprenditori? E i colletti bianchi? Come facciamo a prendere i loro voti?
Sorvoliamo sul rapporto strumentale che da anni i partiti della sinistra intrattengono con il sindacato (il quale a sua volta riesce persino a strumentalizzare sé stesso), ma dal pacchetto Treu alla legge Biagi, il lavoro è completamente sparito dal loro vocabolario politico (escluse da questo discorso, ovviamente, le conventicole da zero virgola di quei partiti che ancora si definiscono “comunisti”).
Disoccupazione, precariato, call center, contratti a progetto, semestrali quando non mensili: grazie Prodi, Padoa Schioppa, D'Alema e Veltroni. Siete stati gentilissimi. Però smettetela di additare i governi di centro destra come gli unici artefici di questa catastrofe sociale e prendetevi i vostri meriti: avete governato quasi quanto loro e non avete fatto un solo passo, che fosse uno, nella direzione opposta.
Come sempre, sotto le elezioni (ora anche per le primarie) riscoprite che esistono gli operai dell'Ilva, dell'Alcoa, i cassintegrati, i precari, gli esodati...ma siete sicuri che hanno la memoria così corta da dimenticarsi che eravate voi i più strenui sostenitori di Marchionne (Bersani, sei stato immortalato), del governo Monti, dei ministri Passera e Fornero, quelli, per intenderci, dell'articolo 18? Io, purtroppo per voi, ho troppa memoria e sono anche piuttosto “choosy”. Certe cose non le dimentico e le schifo proprio. 

4. POLITICA ESTERA
Sono ormai quarant'anni, da quando Berlinguer accettò l'idea che l'Italia rimanesse sotto l'ombrello della Nato, che nessuno, nel nostro Paese, osa mettere in discussione la sudditanza nei confronti degli Stati uniti e della loro politica di egemonia globale. Per gli interessi di Washington abbiamo partecipato alle scellerate guerre in Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia, e siamo pronti a mandare i caccia anche in Siria, se i nostri padroni ce lo dovessero ordinare. Né a destra né a sinistra nessuno ha mai avuto nulla da ridire in merito.
La destra ha sempre esaltato Patria e tricolore, ma (a cominciare dal Msi) non ha esitato ad abbracciare con entusiasmo la morte dell'indipendenza nazionale, spacciandola per “libertà”. D'altra parte è vero: se noi spendiamo miliardi di Euro nelle guerre cominciate dagli americani dall'altra parte del pianeta, lo facciamo per la nostra libertà. È evidente.
Ma se la destra, a parole patriottica quando non nazionalista, ha sempre rappresentato il “partito americano”, la sinistra ha invece, storicamente, una matrice internazionalista. Le sue parole d'ordine sono sempre state: "nostra patria è il mondo intero" e "no alle guerre imperialiste". Che Guevara e Ho Chi Minh erano i suoi miti naturali.
Anche qui qualcosa è cambiato, se oggi l'eroe è Obama e se si arriva addirittura a vantare il proprio “senso di responsabilità” per aver salvato l'ultimo governo Berlusconi votando a favore dei bombardamenti della Libia, quando la Lega Nord aveva votato contro (anche in merito a questo aspetto io sono “choosy” e non dimentico, come non dimentico i bombardamenti di Belgrado del governo D'Alema).
Il mito degli Usa, originariamente assente dal patrimonio genetico sia della destra sia della sinistra, oggi è il punto sul quale le due fazioni si trovano maggiormente d'accordo: gli uni si riconosceranno in Nixon, Reagan e Bush, gli altri in Obama, Clinton e Kennedy, ma la sostanza è che gli Stati uniti, un tempo visti come Paese in cui le elezioni erano “una farsa” perché era evidente che il vero scontro, negli Usa, è sempre stato quello tra potentati economici, non tra democratici e repubblicani, oggi sono il faro, la stella polare, il modello da seguire.
A questo totem, negli ultimi anni si sono aggiunti altri due tabù. Il primo è Santa Madre Unione Europea. Intoccabile, indiscutibile, inavvicinabile. Sorvolerò sulla natura dell'unione (un'unione seria prevede in primis una visione strategica, quindi un esercito comune, e solo in secondo ordine si pone il problema dell'unità monetaria) e mi limito a riconoscere che, se siamo un Paese privo si sovranità dal 1945, da vent'anni abbiamo fatto un ulteriore passo indietro nella gerarchia: da vassalli siamo diventati valvassori. Per merito e per la felicità tanto della destra che della sinistra.
Il secondo tabù è l'entità sionista. E' talmente evidente e giustificato il diritto di Israele di portare a termine la pulizia etnica dei palestinesi fino alla loro estinzione, che destra e sinistra non possono che essere d'accordo in merito. In merito, ogni parola in più sarebbe superflua, e per non rovinarmi ulteriormente la giornata pensandoci, mi fermo qui.

5. VISIONE DELLA SOCIETÀ
In politica estera, come detto, siamo entusiasti e ottusi servitori dei padroni della Terra, gli Usa. In politica interna, la nostra sorte viene decisa dai vassalli, l'UE. Comprensibile: nella storia la grandezza di nazioni, regni ed imperi è altalenante, l'ascesa si alterna al declino, il domino alla sottomissione. Noi non abbiamo al momento la forza per contare, e infatti non contiamo nulla. Amen, facciamocene una ragione.
Abbiamo però la capacità critica per guardare al modello di società che i nostri padroni ci hanno imposto. Ed è qui che, forse, i due schieramenti di destra e sinistra offrono lo spettacolo più avvilente. Nel nome dei valori tradizionali, la destra un tempo era contro aborto e divorzio, bollava i capelloni come “degenerati” e “drogati”, esaltava uno stile di vita austero e sobrio. La sinistra, a sua volta, ammirava le Trabant e disprezzava le Mercedes, perché, seppur su basi materialistiche prima che morali, non accettava l'idea del consumo smodato e fine a sé stesso: “orpelli capitalisti” venivano definiti tutti quegli oggetti e desideri inutili che traviavano il proletariato dalla sua missione storica.
Assieme alla sottomissione a Nato e Ue, il consumismo è il secondo cardine sul quale si basa la sostanziale unità di vedute di destra e sinistra. Quella sana bigotteria che un tempo avrebbe indignato gli uomini di destra oggi non esiste più, tanto che i reality show, i programmi di Mtv, le veline, sono entrate a far parte del patrimonio culturale senza incontrare alcuna resistenza. A sinistra, si è esaltata la vittoria di Vladimir Luxuria ne “L'isola dei famosi”, invece di vergognarsi e fare pubblica ammenda per aver introdotto un personaggio di tal risma in Parlamento. Il partito più a sinistra tra quelli oggi impegnati in campagna elettorale, cioè S.e.l., ha compianto la morte di Steve Jobs, come se si fosse trattato di un benefattore, non di uno spregiudicato – per quanto geniale – uomo d'affari che ha portato la sua azienda ad un fatturato tale da essere virtualmente nel G20.
Calano i consumi, e tutti inorridiscono, sia a destra che a sinistra. Roma congestionata dalla folla che, in piena crisi, si precipita all'inaugurazione di un centro commerciale; forze dell'ordine chiamate a gestire l'assalto ai negozi di elettronica perché è uscito l'ultimo modello della Apple; aumento costante dei malati da gioco d'azzardo e scommesse; perfette nullità elevate a profeti e miti generazionali dalle trasmissioni televisive; cocaina e altre droghe pesanti equamente distribuite in tutti gli strati economici e politici della società...Nessuno si oppone, nessuno si scandalizza, nessuno propone modelli sociali alternativi, che riguardino una visione economica o anche solo i costumi e comportamenti. “Non buttare via se funziona ancora”, “quella pubblicità è immorale e diseducativa”, “non guardare troppa tv, altrimenti ti rincretinisci” sono espressioni che non sento più pronunciare da oltre vent'anni.
Destra e sinistra, barricate dietro l'alibi del progresso e della libertà, hanno l'obiettivo primario che il disoccupato possa permettersi l'Iphone e che il cittadino medio mantenga la libertà di rincretinirsi con le tv, spendendo l'intera vita a produrre (sempre di meno) e consumare (sempre di più).

CONCLUSIONI
Non è stato possibile individuare, tra i due schieramenti, delle differenze nette, delle scelte di campo precise in merito agli aspetti principali che formano una visione politica. Destra e sinistra oggi non si differenziano, se non in minima parte, per quanto riguarda la laicità, la concezione dello Stato, l'economia, la politica estera né, infine, le concezioni generali della società.
La crescita del peso dell'elemento personale in politica, tipica degli ultimi vent'anni, si spiega anche e sopratutto nella mancanza di una sostanziale contrapposizione di idee. I cittadini sono sempre più chiamati a scegliere tra persone e, cosa assolutamente paradossale, questa scelta viene ammantata di un connotato ideologico del quale è assolutamente priva, dato che l'ideologia di fondo, il consumismo globalista, accomuna tutti e due gli schieramenti e tutti gli esponenti che si sfidano in tv. Ed è un'ideologia che viene portata avanti e difesa con lo stesso cieco fanatismo che aveva caratterizzato le dittature novecentesche.
Non è vero quindi che le tanto vituperate ideologie non esistano più. La realtà è che ne è rimasta una sola, che monopolizza il dibattito politico e plasma la formazione, la sensibilità e i comportamenti delle persone. Certo siamo liberi di scegliere tra lo stile funereo di Monti, le carnevalate di Berlusconi, le metafore di Bersani che imita Crozza, la poeticità di Vendola, il giustizialismo di Ingroia, le urla di Grillo o i grugniti di Storace.
Basta essere consapevoli che tale scelta si basa sul tono della voce, il cerone, il sorriso, la capacità di “bucare il video”, cantare, raccontare barzellette, parlare in difesa di questo o di quello, a seconda delle circostanze e delle campagne elettorali. Però è ora di smetterla di giocare alla guerra tra destra e sinistra. Dividiamoci piuttosto tra i sostenitori di questo o quel personaggio di un qualsiasi reality: è molto più in linea con i tempi che corrono.

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